Cari lettori, oggi vi parlo dell'enorme calderone delle intolleranze alimentari. Non so se vi siete sottoposti mai a questi test o avete mai avuto occasione di leggerne il referto.
L'espressione più usata dai pazienti cui è stata "diagnosticata" un'intolleranza è: "Questo non lo posso mangiare. Questo nemmeno. Questo no, nemmeno quest'altro. Faccio prima a dire cosa posso mangiare!"
Cerchiamo di vederci più chiaro. Vedremo quali possono essere e come si possono manifestare. Alla fine troverete il parere di due esperti e le mie considerazioni personali.
Davvero chi ha delle intolleranze deve privarsi di molto, quasi di tutto?
Le intolleranze alimentari possono avere tre diverse origini:
• enzimatica: questa forma di intolleranza è dovuta alla carenza di un
enzima specifico. In assenza dell’enzima, l’alimento non può essere digerito e
quindi assorbito nell’intestino. Il mancato assorbimento causa fermentazione e
diarrea.
Intolleranza al lattosio
E' la forma più comune di intolleranza. Il lattosio è lo zucchero del latte
ed è formato da una molecola di glucosio e una di galattosio. Il legame tra le
due molecole deve essere rotto dall’enzima lattasi che ha la funzione di
liberare i due monosaccaridi che potranno così essere assorbiti. Se l’enzima non c’è,
il lattosio arriva intatto nell’intestino e viene fermentato provocando gonfiore,
dolore da distensione gassosa e diarrea. Si può diagnosticare SOLO con test del respiro.
In Italia ben il 40 % della popolazione è intollerante al lattosio ed è più frequente al Sud rispetto al Nord con picchi nella provincia di
Napoli.
Intolleranze ai dolcificanti: sorbitolo, mannitolo, xilitolo
Sorbitolo, mannitolo e xilitolo appartengono alla famiglia degli alcoli; il
loro metabolismo non necessita di insulina per cui il loro consumo è indicato per i diabetici.
Occhio alla quantità però! Oltre una certa soglia possono non essere tollerati
e avere un effetto lassativo con flatulenza, gonfiore, crampi addominali e
diarrea.
Intolleranza al trealosio
Il trealosio è lo zucchero dei funghi, abbondante in modo particolare nel
fungo porcino. È in aumento il numero di persone che, dopo aver consumato
funghi crudi, manifesta un’intolleranza al trealosio. Non si tratta di una
malattia da avvelenamento, che sarebbe dovuta alle tossine presenti nei funghi,
ma di una reazione di ipersensibilità. Essa si manifesta con dolori
addominali, diarrea e vomito. In questo caso non è necessario eliminare i funghi
dall’alimentazione. Il trealosio si degrada alle alte temperature, perciò questa intolleranza si può risolvere semplicemente consumando funghi ben cotti.
Intolleranza al fruttosio
Il fruttosio è lo zucchero della frutta e del miele. Parliamo di
intolleranza al fruttosio quando c’è un deficit su base ereditaria dell’enzima
aldolasi B. In Occidente è un disordine molto
raro perché ne è affetta una persona su 20000. Gli intolleranti al fruttosio
possono avere problemi renali ed epatici e crisi ipoglicemiche (cali di
zucchero).
Oltre che al fruttosio assunto come tale, gli intolleranti devono fare
attenzione anche agli altri zuccheri che a livello intestinale vengono
convertiti in fruttosio, vale a dire: saccarosio, sorbitolo, sciroppo di
glucosio, mannitolo, mannosio, maltitolo, xilitolo, eritritolo. Perciò no a
fruttosio in bustina, frutta, dolciumi, succhi di frutta e di molte verdure.
• farmacologica: le intolleranze farmacologiche si manifestano in soggetti
che hanno una reattività particolare a determinate molecole che costituiscono i
cibi o verso additivi, cioè sostanze aggiunte ai cibi per esaltarne le
caratteristiche fisiche o il sapore o aumentarne il tempo di conservazione. Per
esempio alcune persone hanno una certa sensibilità verso istamina, tiramina, feniletamina,
caffeina, miristicina, capsaicina, alcol etilico, alcuni additivi tra cui
glutammati, solfiti, nitrati e nitriti.
• non nota: l’unico caso è la celiachia. La celiachia è una malattia
dell’intestino causata da un’aumentata reattività dell’organismo al glutine,
una proteina che costituisce alcuni cereali. È una forma molto comune, pensate
che in Italia colpisce una persona ogni 200 abitanti! È più diffusa
nell’America Settentrionale e in alcuni Paesi europei, mentre è quasi assente
in Africa e in Asia. Questa diversa distribuzione geografica si può spiegare
con il fatto che l’Occidente consuma un tipo di frumento più ricco di glutine.
Per quanto riguarda i test per le intolleranze alimentari vi riporto i
pareri degli esperti in materia:
"Stanno sempre più dilagando test approssimativi, fantasiosi, magici e
di moda che non hanno alcun fondamento scientifico e che pertanto, pur essendo
molto diffusi, non sono approvati dalle Società di Allergologia, o dalla
Federazione degli Ordini dei Medici, e mietono sempre maggior numero di
incaute vittime. Queste metodologie sono sempre inefficaci, ma in alcuni casi
possono anche essere non sufficientemente sicure e persino dannose, in quanto
possono ritardare una diagnosi corretta e quindi l'applicazione dei
provvedimenti terapeutici più idonei. Con questi test spesso si evidenziano
delle presunte allergie o intolleranze a molteplici alimenti e sulla base dei
risultati vengono prescritte diete approssimative, talora prive del necessario
apporto calorico e/o vitaminico. Per la loro scarsa affidabilità non hanno
infatti superato i controlli a cui sono stati sottoposti. Rientrano in
queste metodiche il test leucocitotossico, i test di provocazione /
neutralizzazione, il test DRIA, i test di elettroagopuntura (VEGA, SARM, ecc),
la kinesiologia applicata, la biorisonanza, l'analisi del capello."
(INRAN, Ministero
delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali)
"Per
le intolleranze alimentari non sono disponibili test attendibili. I cosiddetti
test "alternativi":
Kinesiologia
applicata (DRIA test e simili), Test di citotossicità (Cytotoxic test o test di
Bryan o ALCAT, ecc.), Test EAV (elettroagopuntura secondo Voll, Vega test, Sarm
test, Biostrength test e loro varianti), Test di provocazione/neutralizzazione,
Test di provocazione/ neutralizzazione sublinguale, Biorisonanza, Analisi del
capello, Pulse test, Test del riflesso cardiaco-auricolare, Test Melisa, Mineralogramma,
Iridologia, test Bioenergetico dei Virus e Batteri e simili non sono
attendibili in quanto non sono in grado di individuare agenti causali di
presunte "intolleranze alimentari", sono privi di validazione
scientifica e non sono riproducibili. Inutile e scientificamente infondata
è anche la ricerca di anticorpi della classe IgG specifici per alimenti.
I
test citati […] oltre a non fornire informazioni utili dal punto di vista
sanitario, sono costosi e possono indurre a diete inutili o dannose."
(Professor Guido
Marcer, responsabile del servizio di Allergologia del dipartimento di Medicina
ambientale e sanità pubblica - Medicina del lavoro dell'università di Padova)
Il mio consiglio è
quindi di rivolgervi prima al vostro medico di medicina generale per
un'anamnesi accurata. Se è il caso, sarete successivamente inviati ad un'unità
di Allergologia di un Presidio Ospedaliero per sottoporvi a dei test, quelli
validati e scientifici però! State in guardia dai test che si eseguono in
ambulatori privati e farmacie. O correrete il rischio di:
- spendere molti
soldini per avere risultati fasulli;
- fare diete molto
restrittive che potrebbero causarvi carenze;
- non risolvere i
vostri problemi di peso che di potrebbero aver poco a che fare con una
probabile intolleranza. Le intolleranze non causano aumento di peso.
Quindi la risposta alla mia domanda iniziale "Davvero chi ha delle intolleranze deve privarsi di molto, quasi di tutto?" è: verifichiamo se l'intolleranza esiste davvero con test seri e regoliamoci di conseguenza. La maggior parte di coloro che risultano positivi a un test di intolleranza di quelli che vanno tanto di moda sta meglio e riesce a perdere peso semplicemente con un'alimentazione equilibrata.
A riprova del fatto che per essere in salute basta una sana alimentazione.
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