La ragione che muove il mio operato è il bene del paziente. Non quel bene della serie "So io quello che è meglio per te", piuttosto un bene che è il risultato di ciò che il paziente percepisce come meglio per sé, che esprime come obiettivi, desideri, preferenze, come tutto ciò che riguarda la percezione del suo problema.
Estendendo il ragionamento dal campo dietologico alle scienze della salute tutte, in passato medici e paramedici avevano come unici interlocutori i parenti del malato. Anziché con il paziente, era a questi ultimi che comunicavano diagnosi e terapia. Erano i famigliari, dunque, i riceventi del messaggio della cura e la parte, ancorché passiva, coinvolta nell'alleanza terapeutica.
Negli anni il rapporto operatore-paziente si è evoluto, a giudizio di molti verso il meglio, nella direzione di una vera e propria partecipazione del paziente alla terapia che lo riguarda, sia essa farmacologica o dietoterapica. Tra l'operatore e l'utente della prestazione professionale si instaura così quella che Michael Balint, nel suo "Medico, paziente, malattia", ha definito "società mutua d'investimento".
Il fondamentale e modernissimo principio della centralità del paziente me l'ha ricordato proprio oggi indirettamente A., e la ringrazio di questo. A. è una paziente alla quale avevo proposto una dieta perfetta dal punto di vista dei suoi fabbisogni ma per lei di difficile attuazione. Alla fine abbiamo tentato, riuscendoci, una mediazione tra ciò che era per lei l'ideale e ciò che le era possibile fare.
Bando al solito atteggiamento paternalistico vecchio stampo. Via libera all'ascolto e alla collaborazione, che, ho avuto modo di esperire, portano, oltre che ad un rapporto operatore-paziente più solido, a risultati vantaggiosi nella pratica clinica.
Per quello che attiene al mio lavoro di Dietista, quando la dieta è "negoziata", il paziente, che si sente parte attiva del cambiamento e trova le soluzioni che ritiene meglio per sé, ha più probabilità di muoversi in direzione degli obiettivi concordati. E lo dimostra l'esperienza di F: Come negoziamo un piano di cambiamento, 1a e 2a parte.
Centralità del paziente significa anche, come scrivevo all'inizio, tenere nella giusta considerazione le sue aspettative. Posso citare a tal proposito la vicenda di D.: lei vuole togliere quei tre, quatto chili di troppo messi su dopo gli anta; il suo medico, vedendola tutto sommato normopeso, la deride e banalizza il suo intendimento. Perché no? Perché non assecondare il desiderio di D. che desidera rimettere ordine nella sua alimentazione per vedersi e sentirsi meglio? Per ricevere gli aggiornamenti su eventi, articoli e ricette, puoi iscriverti alla newsletter andando sul sitowww.vanessamarrone.ited inserendo la tua mail nel box blu a fondo pagina.
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