Quante volte le persone che hanno dei chili in più si sono
sentite osservate, additate, persino umiliate … Questo potrebbe non essere
bastato per far maturare in loro l’intenzione di cambiare.
Il cambiamento si verifica principalmente perché
la persona ha bisogno di evitare un disagio. Quando la persona si sente
sufficientemente male, allora cambierà.
In realtà la maggior parte dei pazienti che necessitano di
un cambiamento o che da molto tempo pensano di cambiare hanno già provato molta
sofferenza. Eppure tutta la sofferenza provata non è stata sufficiente per
innescare il cambiamento.
Allora cos’è che genera un cambiamento, che sia dimagrire
oppure stoppare un qualsiasi comportamento dannoso per la salute?
Uno dei fattori in grado di far partire il cambiamento è il
contrasto che si genera tra un valore fortemente radicato e il comportamento
attuale. Quando il comportamento malsano cozza con un valore cardine della
morale, c’è buona probabilità che cambiamo.
Ho avuto modo di constatare che
la genitorialità aumenta la motivazione al cambiamento. Una donna madre mi ha detto: “I miei chili di troppo mi fanno sentire affaticata. Non
riesco a giocare con i miei figli. Mi sento pesante e, invece di giocare con
loro, li lascio tutto il pomeriggio davanti alla tv. Mi sento in colpa nei loro
confronti.”
In questo caso il valore della maternità, così fortemente
radicato nella signora, ha dato l’input per il dimagrimento rappresentando un
potente evento motivante.
Questa è la testimonianza del counselor di un ex fumatore:
“Disse di aver smesso di fumare un giorno in cui si era
recato a prendere i propri figli alla biblioteca cittadina. Mentre stava
arrivando, si scatenò un temporale e contemporaneamente, infilando la mano in
tasca, si rese conto di un inconveniente che si verificava spesso: era rimasto
senza sigarette. Con la coda dell’occhio vide i propri figli che uscivano dalla
biblioteca ma non si fermò perché era certo di poter trovare un parcheggio,
schizzare in tabaccheria, comprare le sigarette e tornare alla biblioteca prima
che i bambini si bagnassero troppo. La sua immagine di padre che “aveva
realmente lasciato i figli sotto la pioggia per procurarsi le sigarette” fu
così umiliante che decise di smettere di fumare”. (W. Miller, S. Rollnick, “Il colloquio motivazionale, Preparare la
persona al cambiamento”, Seconda edizione, casa editrice Erickson)
Quando la discrepanza tra il comportamento problematico, nel
caso della signora l’iperalimentazione e nel caso del signore il tabagismo, e
il valore, ovvero essere una buona madre o un buon padre, diventa palese agli
occhi del paziente, si instaura la disponibilità al cambiamento. Questo vi
potrà far dire “E’ il momento di cambiare”.
La maternità può essere una risorsa
A proposito della maternità, un’altra
signora ha detto durante un colloquio motivazionale: “Ho mangiato diversi biscotti del
vassoio che mi era stato regalato. Li avrei mangiati tutti … Ma ho provato
vergogna perché altrimenti mio figlio non avrebbe potuto assaggiarli. Alla fine
ne ho preso uno di ogni tipo e gli altri li ho lasciati a lui”.
Mentre nel caso della paziente numero 1 il valore della
maternità ha permesso l’inizio del cambiamento, nel caso della signora numero 2
il valore della maternità ha provocato il mantenimento del cambiamento. O
meglio, grazie all’altruismo per il
figlio, la signora ha evitato di finire tutti i biscotti. In questo caso
l’essere madre ha rappresentato una risorsa efficace per la paziente.
È importante che diveniamo consapevoli delle nostre risorse.
I nostri valori quanto più sono radicati tanto più sono potenti propulsori del
cambiamento.
Se individuiamo quali dei nostri valori possono avere
influenza sul nostro comportamento alimentare, potremo utilizzarli come risorsa
per aumentare la motivazione e riuscire a cambiare con successo.
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