Questo articolo è dedicato a M. che ha abbandonato il percorso senza avermi spiegato quali sono le sue difficoltà. Mi scuso con lei per non essere riuscita a capire cosa nel suo percorso non è andato per il verso giusto e lascio la porta socchiusa qualora volesse tornare.Quali sono i motivi più comuni per cui si abbandona la dieta? Che cosa può andare storto? E quindi quali sono le misure correttive da mettere in campo per continuare fino all'obiettivo finale? Passiamo prima in rassegna le cause principali di drop out, individua cosa non sta funzionando nel tuo percorso e nella tabella finale troverai la soluzione per andare avanti. • Cala l'autoefficacia: sebbene abbiamo intenzione di seguire la dieta per raggiungere gli obiettivi, non sappiamo ancora gestire bene le situazioni difficoltose. E se ci capita di trovarci davanti ad un buffet? E come mangiare il giorno di Pasqua? Una ridotta capacità di problem solving fa diminuire l'autoefficacia.
• Le aspettative non sono realistiche: sappiamo che un cambiamento implica un certo grado di difficoltà. Pensare che dimagrire non comporti costi emotivi e che avvenga in tempi troppo rapidi può generare false illusioni. Quando la persona si disillude di poter ottenere tutto subito e facilmente, si sottrae a quel percorso per andare alla ricerca di metodi alternativi. E così si cade nella trappola dei palliativi come l'utilizzo di farmaci o integratori o della dieta miracolosa che promette risultati mirabolanti in un battito di ciglia.
Può capitare anche che il raggiungimento della forma fisica voluta sia considerata la panacea di tutti i mali. Ricordo, dal tirocinio universitario, che una signora splendida intendeva intraprendere una dieta per riconquistare il marito distratto. Tornare in forma può contribuire al ripristino del benessere di coppia? Forse sì, forse no. Proviamo a relativizzare, capire quali problemi dipendono dal proprio fisico e quali no e quale beneficio potremmo avere dal raggiungimento degli obiettivi.
• La dieta non è adeguata: una dieta inadeguata, non personalizzata, rappresenta un fattore di rischio di drop out, indipendentemente dalla nostra motivazione iniziale. A chi piacerebbe seguire una dieta troppo rigida, troppo costosa, non rispettosa dei ritmi di vita e dei propri gusti?
Trovo terribili per esempio le monodiete, come la dieta del limone o la dieta del minestrone. Sono diete restrittive, che comportano privazioni non necessarie e che conducono inevitabilmente all'abbandono. E che dire delle diete con i pasti sostitutivi? Si diventa dipendenti da questi preparati, non apprendendo peraltro abitudini alimentari corrette. Il rischio è tornare alla situazione di partenza non appena si riprenderà un'alimentazione normale. Iniziare una di queste diete potrebbe voler dire infilarsi in un vicolo cieco con poche possibilità di arrivare al traguardo o di mantenere i risultati.
• L'importanza di cambiare cala: quando l'importanza di attuare il cambiamento diminuisce, anche l'importanza di seguire la dieta viene meno. Qualche giorno fa, C. mi ha detto di essere già abbastanza soddisfatta dei risultati raggiunti, anche se a mio parere potrebbe migliorare ancora. In questo caso parlerei di drop out rispetto agli obiettivi teorici ma di raggiungimento della meta rispetto agli obiettivi che C. stessa si era posta.
• La fiducia nell'operatore diminuisce: può capitare che la persona che si mette a dieta con l'aiuto di un professionista abbia tutta l'intenzione di seguire la dieta ma che non si senta sufficientemente sostenuto e rinforzato dal professionista stesso. Anche questo può rappresentare un fattore di rischio per il drop out.
• Ci sono psicopatologie: la presenza di un disturbo dell'umore può rendere problematico, in alcuni casi, seguire la dieta.
• Scarso sostegno di chi ci circonda: portare avanti il percorso nutrizionale in un ambiente insidioso e attorniati da persone che ci supportano poco o per niente rende il cambiamento più difficile.
• Il momento è sbagliato: è opportuno che iniziamo un percorso di cambiamento quando sentiamo che è arrivato il momento, quando ci riteniamo pronti, quando i tempi sono maturi. Iniziare nella precontemplazione o nella contemplazione porterà molto probabilmente ad abbandonare la dieta.
Per ognuno di questi problemi c'è una soluzione. Eccole riassunte in questa tabella:
Diminuzione dell' autoefficacia
Operatore e paziente devono individuare le falle nel piano
d'azione e chiarire insieme opzioni e strategie possibili
Comunica al professionista a cui ti sei affidato le tue
perplessità per valutare eventuali modifiche. Ogni intervento va calibrato bilanciando la
disponibilità del paziente, quello che il paziente è disposto a fare, con le
sue necessità nutrizionali
Diminuzione dell’importanza
Soppesare i pro e i contro del fermarsi e i pro e i contro di
proseguire il percorso. Il paziente ha libertà di scelta, è lui che decide
quando sospendere e quando riprendere
Qualora la psicopatologia ostacolasse l’aderenza alla dieta, è
opportuno sospendere il percorso nutrizionale e curare la psicopatologia
Scarso sostegno di chi ci circonda
Condividi il tuo obiettivo con le persone che ami spiegando loro l’importanza
di quello che stai facendo. Chiedi dunque il loro appoggio, fa’ che
condividano il tuo obiettivo
“Non è il momento giusto per me …”
Meglio aspettare e aumentare così le possibilità di riuscita. Se non ti senti ancora pronto, prenditi dell'altro tempo. Per capire se sei pronto leggi dimagrire: come farlo partire dalla
testa.
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